"Le “sepolture anomale” delle streghe
“E’ una strega !”: un grido che, per fortuna, oggi non si sente più. Ma in un passato lontano era assai diffusa la convinzione che la stregoneria esistesse, fosse reale. La strega, tuttavia, non era immortale . Strega si diventava (non si nasceva) e strega si moriva.
Rispetto ai comuni cristiani, tuttavia, le streghe facevano più… fatica a morire di morte naturale . Questo perché, prima di esalare l’ultimo respiro, dovevano cedere a qualcun altro il libro del comando , nel quale sono elencate formule magiche e stregonerie assortite. Un libro che deve il suo nome al fatto che, sulla prima pagina, vi sarebbe stata scritta la formula Comanda, comanda, comanda . Fin che la strega non trovava un successore non poteva morire, in altre parole: e ciò nonostante il dolore provocato dalla malattia oppure gli stenti della vecchiaia.
Questa è però la situazione migliore: la strega trova qualcuno cui cedere il libro, chiude gli occhi e poi se ne va tranquillamente all’inferno. Salvo improbabili casi di pentimenti in zona Cesarini, per capirci.
Ma se a morire era una donna con fama di strega, che cosa capitava? Qui la faccenda si complica. Nel medioevo (ma anche dopo) avevano fama di streghe povere donne capaci di usare le erbe naturali a fini medicamentosi, oppure che si mettevano a disposizione come levatrici.
Se finivano tra le grinfie dell’ Inquisizione ed erano sottoposte a tortura, inevitabilmente confessavano qualsiasi cosa che i loro aguzzini proponessero loro. Allora la strega confessa finiva sul patibolo, perché la pena per la stregoneria era la morte .
Spesso le streghe venivano bruciate , oppure impiccate o anche affogate .
Nel caso in cui fosse possibile recuperarne le spoglie, poteva verificarsi ancora una barbara pratica: quella della chiodatura del cranio. “Sorge il dubbio che la chiodatura fosse volta a bloccare a terra quello che era considerato un morto vivente o, simbolicamente, a bloccare per sempre il male che esso poteva infliggere alla comunità dei viventi”, scrive l’archeologo Paolo Storchi. Lo studioso mette in evidenza una analogia con i crani chiodati rinvenuti nei pressi dell’ abbazia della Novalesa, in alta Val Susa: il foro doveva servire a far uscire il genio malefico , e non a caso era praticato sul lato sinistro del cranio, che per gli antichi era il lato malvagio.
A completare la carrellata su queste anomale forme di sepoltura, è interessante segnalare quelle che furono rinvenute a Drawsko, in Polonia. Su cinque scheletri interrati si sono trovate falci appoggiate sulla gola o sull’addome, come se le lame avessero dovuto ferire alla gola o alla pancia l’essere che avesse tentato di uscire dalla tomba.