Una scelta più frequente e in crescita
Un articolo comparso il 21 maggio 2016 sul quotidiano torinese La Stampa , a firma del giornalista Mauro Pianta , fa il punto sul rapporto che i cattolici italiani hanno con la cremazione .
Si tratta di una pratica funeraria che la Chiesa ammette pur senza consigliarla, preferendo invece la tumulazione o l'inumazione.
Tuttavia, dati Istat alla mano, negli ultimi dieci anni le persone per cui s'è praticata la cremazione sono più che raddoppiate: erano l'8% nel 2004, sono salite al 19,71% nel 2014, mentre stime per il 2015 affermano che si sia superata la soglia del 20%.
Quella della cremazione è una scelta vista con favore dalle amministrazioni comunali, sempre alle prese con i costi di costruzione e gestione dei moderni cimiteri. La Chiesa ha affrontato il tema nella nuova edizione del "Rito delle esequie (datato 2012) segnalando, anche se non si oppone alla cremazione dei corpi quando non viene fatta in odium fidei (cioè come forma di spregio alla fede), continua a ritenere la sepoltura del corpo dei defunti la forma più idonea a esprimere la fede nella risurrezione della carne (inumazione o tumulazione che sia).
Essa alimenta inoltre la pietà dei fedeli verso coloro che sono passati da questo mondo al Padre e a favorire il ricordo e la preghiera di suffragio da parte di familiari e amici.
Giovanni Pollini, amministratore nazionale della Federazione italiana per la cremazione (oltre 150mila iscritti), mette in luce i motivi per cui sempre più persone scelgono la cremazione: "Nella maggior parte dei casi le persone vi ricorrono perché costa meno del funerale e della tomba, perché non vogliono disturbare i parenti dopo il trapasso o non vogliono sottrarre spazio prezioso ai vivi. Sa quante donne anziane ci dicono: ‘Mio figlio non mi telefona adesso che sono viva, figuriamoci se verrà a trovarmi al cimitero'. Per molti, infine, la cremazione rappresenta un modo "ecologico" per ricongiungersi alla natura".
Così riflette il sociologo Massimo Introvigne : "La cremazione, da gesto di rottura nei confronti del cattolicesimo, è entrata a far parte del costume anche dei cattolici. Oggi non ne farei una questione ideologica-dottrinale. Detto questo, è innegabile che certi segni, come a esempio il non mangiar carne il venerdì o appunto l'inumazione, avevano una loro eloquenza anche sociale e sociologica. L'inumazione, in particolare, aveva una valenza educativa: essa distingueva i cristiani dai pagani, la carne messa come un seme nella terra (in-humus) destinata a rifiorire, a risorgere".
La questione della cremazione, nei confronti della quale già papa Paolo VI ebbe delle aperture gà nel 1963, non è dunque più materia di contendere per i teologi. Afferma don Franco Repole, presidente dell'Associazione teologi italiani : "Dio non ha bisogno delle nostre ossa per resuscitarci nell'ultimo giorno. Il Signore riuscirà a ricomporre i corpi anche se qualcuno li ha bruciati o se sono stati polverizzati in qualche incidente. Chiaro che il pericolo dell'insinuarsi di una concezione panteistica nella cremazione esiste e bisogna vigilare caso per caso. La sepoltura nella terra consente un'elaborazione del lutto più graduale, un distacco meno immediato. E forse nella crescita del fenomeno della cremazione possiamo leggere un ulteriore indizio della fatica della società contemporanea nello stare di fronte alla morte".