I risvolti misteriosi del Santo, nel bicentenario della nascita
Tutti sanno come don Bosco fosse un personaggio misterioso, oltre che il Santo apostolo della gioventù. La sua vita, fin dalla più tenera età, s’intreccia col sovrannaturale .
Stendere un elenco completo dei fatti miracolosi che lo riguardano richiederebbe un libro. Tuttavia, mentre Torino festeggia il bicentenario della sua nascita , merita ricordare alcuni eventi tra loro concatenati che proprio nella capitale sabauda ebbero luogo.
A innescarli fu un sogno che il Santo fece nel novembre 1854. Mentre dormiva, vide un valletto di corte, con la sua uniforme rossa, entrare di corsa nell’oratorio e gridò “Grande notizia! Gran funerale in Corte! Gran funerale in Corte! ”.
Don Bosco capì che quello che aveva appena fatto non era un sogno qualsiasi: era un messaggio divino, una premonizione. Scrisse a re Vittorio Emanuele II , con cui era in confidenza, per informarlo.
Non era un periodo qualsiasi: la legge Siccardi (1850) aveva abolito i tribunali ecclesiastici. Ora era in votazione la legge Rattazzi , sostenuta dal conte di Cavour , che proponeva la soppressione degli ordini religiosi che non avessero compiti di assistenza o di insegnamento.
La legge, una volta che avesse compiuto il suo iter in Parlamento, avrebbe dovuto essere sottoposta alla firma del Re. Ma ecco arrivare il sogno: un avvertimento.
Passarono cinque giorni, e don Bosco sognò di nuovo. Gli pareva di essere in camera sua, impegnato a scrivere, quando sentì in cortile lo scalpitare di un cavallo. Poco dopo si apre la porta ed ecco il valletto, quello del sogno precedente. Entra a metà della camera, e poi proclama: “Annunzia: non gran funerale in Corte, ma grandi funerali in Corte!”.
L’avviso di don Bosco a Casa Savoia era chiaro: se il re non avesse fatto il possibile per fermare una legge ostile alla Chiesa, avrebbero potuto esserci delle gravi conseguenze. Come peraltro accadde. Il 5 gennaio 1855 la regina madre Maria Teresa si ammalò improvvisamente, e il 12 gennaio morì all’età di 54 anni.
La corte non si era ancora ripresa dai funerali, che ecco una terribile notizia la colpiva: la regina Maria Adelaide era in fin di vita. Tutta Torino pregò per la sua salvezza: ma la regina morì, a soli 33 anni, il 20 gennaio.
La discussione sul decreto Rattazzi doveva riprendere in Parlamento l’11 febbraio. Ma nella notte precedente morì il principe Ferdinando di Savoia , fratello del re, all’età di appena 33 anni. Mai, nemmeno nelle più gravi pestilenze, era accaduto che tre persone così vicine al sovrano morissero nell’arco di un mese.
La legge Rattazzi fu approvata dalla Camera, e passò al Senato. Ma il 17 maggio morì Vittorio Emanuele Leopoldo , ultimo nato della compianta Maria Adelaide: nell’arco di soli quattro mesi il re aveva perso la madre, la moglie, un fratello e un figlio!
A questo punto, affinché la legge diventasse esecutiva, mancava solo più la firma del re. E questi, pur tra mille dubbi, alla fine firmò.
La questione tra don Bosco e Vittorio Emanuele era ancora aperta. Il re tentò di incontrare don Bosco: ma per una serie di circostanze fortuite quell’incontro non ci fu mai. Tuttavia, nel 1867, parlando a Genova con mons. Charvaz, gli confessò: “Monsignore, sa? Don Bosco è veramente un santo!”.