«L'alto Arrigo, ch'a drizzare Italia verrà in prima ch'ella sia disposta». Così nel XXX canto del Paradiso Dante Alighieri ricorda l'imperatore Enrico VII di Lussemburgo , il sovrano che a suo avviso avrebbe potuto riportare l'Italia sotto il controllo imperiale ponendo fine al potere temporale della Chiesa.
Enrico fu re di Germania e imperatore del Sacro Romano impero ma, in Italia, non riuscì a realizzare il suo progetto di sottomettere i regni di Firenze e Napoli. Morì giovane, a soli 38 anni, il 24 agosto 1313 a Buonconvento , in provincia di Siena.
Si disse che fosse stato avvelenato da un frate, con l'ostia e con il calice del vino durante la messa della vigilia dell'Assunta. La malattia si manifestò infatti due giorni dopo il 15 agosto: la leggenda ha un fondo di verità. L'imperatore si era ammalato di antrace , un'infezione acuta e molto grave causata da un batterio, il carbonchio: probabilmente era stato infettato dal suo cavallo. Per curarne le piaghe, all'epoca si usava applicare sulle ferite degli impacchi a base di arsenico : fu dunque la cura ad uccidere il malato.
Morto il sovrano, ci si pose il problema di preservarne il corpo per la sepoltura : dato il gran caldo era impensabile conservare in qualche modo la salma per riportarla in Germania. Si decise perciò di applicare un metodo cruento che, tuttavia, non era ritenuto tale in base alle usanze dell'epoca. Era definito Mos Teutonicus (costume dei tedeschi), e si applicava ai personaggi di alto rango che morivano a molta distanza da casa: fu usato, per esempio, per i cavalieri caduti durante le Crociate .
Consisteva nello smembramento del cadavere e nella sua successiva bollitura , per diverse ore, in modo da poter facilmente separare la carne dalle ossa. Lo scheletro , completamente pulito, era poi usato per la sepoltura, mentre la carne veniva seppellita sul posto. Contro questa pratica si espresse papa Bonifacio VIII , con la bolla De Sepolturis , a tutela dell'integrità fisica della salma in vista di una futura risurrezione.
Quale fu il destino del corpo dell'imperatore Enrico VII? Furono estratte le viscere, le prime che si sarebbero decomposte, e sepolte nella chiesa di Buonconvento. Poi il cadavere fu trasferito a Suvereto, per il “Mos Teutonicus”: le carni furono sepolte anch'esse a Buonconvento, mentre lo scheletro proseguì per Pisa.
Le ossa vennero poi sepolte nel Duomo di Pisa , insieme alla corona, allo scettro e il globo, i simboli imperiali, avvolti in un drappo di broccato rosso. Il sepolcro venne realizzato nel 1315 dallo scultore senese Tino da Camaino : rappresenta Enrico VII disteso su un sarcofago riccamente decorato. Al di sotto un'aquila reggeva un'insegna col motto: Quidquid facimus, venit ex alto (Quello che facciamo, viene dall'alto).
Alla fine del 2013 la tomba è stata aperta, per eseguire rilievi antropologici e patologici. Ne è emersa una conferma : proprio l'arsenico usato per curare una grossa piaga su un ginocchio causò la morte dell'imperatore. Gli scienziati hanno anche appurato che la faccia dell'imperatore scolpita da Tino da Camaino non era fedele alla realtà, perché il sovrano aveva un volto più squadrato e virile.