Quello di Christian Daghio è stato il caso più recente. Il vincitore di sette titoli mondiali di thai boxe è morto per i traumi riportati in un incontro per il titolo mondiale di boxe che si è disputato il 26 ottobre 2018 a Bangkok.
Christian Daghio va ad aggiungersi al lungo elenco di sportivi morti sui campi di gara. Un elenco che diventa assai più lungo se, ai professionisti , si aggiungono anche i dilettanti . Ma quali sono gli sport più pericolosi , al punto da poter diventare mortali?
La Federazione dei medici sportivi, con l’Istituto Superiore di Sanità e altri enti, ha messo a punto un volumetto dedicato al pronto soccorso sportivo, dove per la prima volta compare una classificazione degli sport in base al pericolo .
Si sono presi in considerazione un decina di parametri , che vanno dall'età dell'atleta, all'impegno cardio-vascolare, all'ambiente, alla tipologia della disciplina (di contatto o meno), alla frequenza degli infortuni, degli allenamenti e delle gare, al rischio neurologico, ai mezzi meccanici usati. Ai parametri corrispondono diversi punteggi. Gli sport a basso rischio sono nel range da 5 a 10 punti (fra questi: bocce, golf, tennis, tiro a segno, a volo, vela, orienteering); quelli a medio fra 11 e 17 (atletica, calcio, canoa, canottaggio, ginnastica, hockey, scherma, pesi, basket, pallavolo, pallamano, baseball). Il top del rischio è fra i 18 e i 23 punti: auto, moto, ciclismo, motonautica, pentathlon moderno, pugilato, rugby, sport invernali, sport equestri, arrampicata e triathlon.
In tema di pericolosità il punto interrogativo di maggior peso riguarda il pugilato . Sono infatti oltre 500 i pugili morti a causa dei colpi presi in combattimento in oltre cento anni di boxe.
In quella che viene definita “nobile arte”, vince chi riesce ad atterrare l’avversario a suon di pugni: prima ci riesce, più devastante è il suo attacco (fino ad arrivare al KO ), e più è bravo. Questa disciplina si può considerare uno sport? La questione è aperta: in passato Svezia e Norvegia l’avevano addirittura proibita, salvo poi reintrodurla (la Svezia nel 2006 e la Norvegia nel 2014). Rispetto al passato ora i controlli sono più stringenti, il numero di round per ogni incontro è stato ridotto, e pure la fatalità è sempre dietro l’angolo. A ciò si aggiunga la possibilità di riportare danni neurologici : studiosi dell’Università di Monaco hanno condotto un’indagine su boxeur professionisti, e valutato che il 20% di loro subisce danni neurologici permanenti.
Un altro settore sul quale ci si interroga è quello degli sport motoristici . Se consideriamo la storia della Formula 1 e della 500 miglia di Indianapolis, per esempio, i piloti morti sono 44: tra essi sportivi assai amati dal pubblico, come Ayrton Senna o Gilles Villeneuve . Altrettanto accade negli sport motociclistici: da quando è stato istituito nel 1949 sono stati ben 106 i piloti morti durante le prove libere, le qualifiche o le gare. Tra essi Renzo Pasolini e Marco Simoncelli .
L’analisi degli sport pericolosi fino a poter essere mortali potrebbe continuare a lungo. Un ultimo accenno all’ alpinismo , nel quale la fatalità spesso si somma al fatto che c’è chi tenta imprese con difficoltà superiori alla sua portata. Consideriamo come esempio la scalata all’ Everest , la montagna più alta del mondo: sono oltre 300 le persone morte durante la scalata o lungo la via del ritorno.