"La comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei defunti è possibile? La domanda è antica quanto l’uomo, e riceve risposte differenti a seconda delle epoche, degli usi, delle religioni. E’ una domanda, in altre parole, alle quali è difficile dare una risposta univoca: anche perché un conto è sentirsi vicini ai propri cari “comunicando” con loro nel ricordo e nella preghiera, e un altro è ipotizzare o pretendere una relazione causa-effetto. Quasi fosse possibile avere con l’oltretomba un contatto ogni volta che si desidera, possibilmente senza intermediari (i ben noti “medium” cari allo spiritismo dell’Ottocento e del Novecento).
Ma se alla domanda di partenza si dovesse dare una risposta alla luce delle conoscenze di oggi, il distinguo sarebbe d’obbligo. Fin che si resta nel campo della fede, pensare di poter in qualche modo scavalcare l’abisso che separa la vita dalla morte può essere ammissibile. Se però si passa alla concretezza, alla possibilità di avere un dialogo, comunicazioni che viaggiano in entrambe le due dimensioni, allora bisogna essere scettici. Non perché questa possibilità non si possa ipotizzare in senso assoluto, ma perché nessuno è ancora riuscito a realizzarla in modo convincente e riproducibile. In un modo “scientifico”, per usare altre parole.
Però… “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”, scrive William Shakespeare nell’”Amleto”. Vale a dire che in certe occasioni si verificano eventi che lascerebbero interdetto anche uno “scettico blu”. E qui concediamoci una piccola divagazione, dato che chiama in causa il cantante torinese Gino Franzi (1884-1958), interprete di numerose canzoni di successo (una fra tante: “Balocchi e profumi”). Ebbene, lui cantò anche “Scettico blues”, in seguito italianizzata dalla censura fascista in “Scettico blu”: vi interpretava un personaggio (che poi da lui prese il nome) poi diventato simbolo dell’incredulo a ogni costo.
Un personaggio, lo scettico blu”, che però resterebbe interdetto ascoltando la storia delle “telefonate dall’Aldilà”. Una storia incredibile, se non fosse che a raccontarla è una persona di ottima cultura, testimone diretta di fatti che si sono svolti alcuni anni fa. “La persona di cui stiamo parlando era D., un mio carissimo amico – La signora G. ci accoglie nella sua casa in centro, a pochi passi dalla Mole Antonelliana – Si era sposato da qualche anno, ma continuavamo a sentirci quasi tutti i giorni. Mi chiamava lui, e se per caso il mio telefono era occupato, aveva l’abitudine di comporre il 197, per cui io sentivo la registrazione ‘Chiamata urgente per il numero 71…’. Dopo aver riattaccato, subito dopo mi chiamava lui”. In un determinato giorno G. avrebbe dovuto incontrare l’amico nel suo ufficio alla mezza, e proprio in quel senso si erano accordati per telefono il giorno precedete: “Aveva concluso la chiamata avvisandomi di telefonare prima alla sua segretaria per avere conferma”.
L’indomani mattina G. chiama in ufficio, ma le dicono che il suo amico sarebbe stato assente per tutto il giorno. Poi, mentre è al telefono con un’amica, arriva un avviso di chiamata urgente: “Penso sia D. che vuole spostare l’appuntamento, ma poi non telefona nessuno. Allora richiamo al suo ufficio. E lì mi avvisano che è successa una disgrazia”.
L’amico di G., infatti, si era suicidato: probabilmente per dissapori famigliari sommati a ifficoltà professionali.
“Telefono a una mia amica, per avvisarla del fatto: ed ecco di nuovo scattare la comunicazione del 197. Riattacco, ma non mi chiama nessuno”, prosegue G.. Arriva la mezza, l’ora in cui avrebbe dovuto incontrare D. La signora è al telefono con la madre, e ancora una volta la sua telefonata viene interrotta dal messaggio del 197. Poi la stessa interferenza si ripete mentre G. è al telefono con la persona che aveva visto vivo D. per ultimo la notte prima del suicidio e che gli era anche lui molto amico, quasi padre.
“E’ successo ancora una volta, un mese più tardi. Ero al telefono, stavo parlando di un’altra persona e, per un lapsus, ho pronunciato il nome di D., che era un conoscente comune. Qualche secondo dopo è arrivata la chiamata del 197”. Come spiega questi fatti? “La prima volta, voleva farmi capire che cos’era successo. Le altre volte, erano forme di ringraziamento per l’amicizia, e segni di vicinanza”.
Lei come spiega questo fatto? “Con la persistenza, almeno per un certo periodo, di quella parte di noi che viene chiamata anima, e che è una forma di energia intelligente. Un’energia che deve essere ‘lasciata andare’, che non è giusto trattenere. Anzi, a questo proposito ho in mente un’immagine molto bella”.
Quale? “Quella dei funerali di papa Giovanni Paolo II. Ricordo che era una giornata molto ventosa, e per tutta la durata della funzione il vento mosse le pagine del Vangelo che era stato deposto aperto sulla bara. Ma a esequie conclude una folata più forte chiuse il libro. Così dev’essere per i nostri defunti: dopo che ci hanno salutati dobbiamo lasciarli andare”."