La curiosa storia dei funerali militari
Personaggi celebri, capi di Stato, militari, eroi, santi: per tutte queste figure il cui ricordo è destinato a passare ai posteri la cerimonia di estremo saluto ha sempre avuto una particolare solennità.
In particolare, in questa sede vogliamo accentrare l’attenzione sui funerali militari: sia quelli degli alti ufficiali, sia quelli dei decorati per imprese di particolare eroismo.
Prima di parlare dei grandi, però, spendiamo qualche parola per gli umili: i soldati semplici , spesso usati come carne da cannone nelle grandi battaglie campali.
Fu per loro che venne inventato la piastrina di riconoscimento : Una parte da seppellire insieme al caduto, magari nei pressi del campo di battaglia per poi identificarne i resti in caso di una futura esumazione, e una parte da raccogliere, per poi notificare il decesso.
Nel tempo le piastrine hanno assunto diverse forme: si va dalle piastrine doppie dei soldati Usa ironicamente definite dog tag (targhetta da cane) alla piastrina singola in uso nelle Forze armate italiana, predisposta per favorirne la rottura in caso di necessità (entrambe le parti riportano tutti i dati del militare).
Passando ai funerali militari solenni , spesso colpisce la presenza di un picchetto armato che spara in aria tre salve di fucile . L’uso ha una origine europea, legata alle varie guerre di successione dinastica che insanguinarono il continente in particolare nella prima metà del XVIII secolo. Sui campi di battaglia, a un certo punto, ci si accordava per un temporaneo cessate il fuoco, affinché ogni contendente potesse soccorrere i suoi feriti e recuperare i suoi morti. Il segnale di cessazione della tregua era dato da una triplice scarica sparata in aria: poi il combattimento riprendeva.
Se le personalità sono di maggior rilievo, il saluto può essere dato con una salva di cannoni : una forma di onorificenza usata anche in occasioni liete quali nascite o matrimoni nelle famiglie reali.
Di norma la maggior onorificenza prevede 21 colpi, oppure un numero decrescente man mano che diminuisce il rango del defunto. Questo uso va cercato in ambito marinaro: quando una nave entrava in un porto, oppure ne incrociava un’altra senza avere intenzioni ostili, sparare a salve significava dimostrare che tutte le proprie armi erano scariche, e che non c’erano intenzioni ostili.
Nel caso di personalità di rango particolarmente elevato, la salma viene portata in corteo appoggiando la bara su un affusto di cannone .
Ma a Torino, al Museo storico nazionale d’Artiglieria (sede provvisoria alla caserma “Amione” in via Brione 1; al momento non aperto al pubblico) sono conservati due reperti eccezionali: cannoni adattati al trasporto di feretri . Non c’è dunque solo l’affusto, ma anche il cannone, intero e funzionante.
Su uno dei due, una placca d’ottone porta incisi i nomi delle personalità per i funerali delle quali l’affusto venne adoperato. Si inizia dal duca d’Aosta Amedeo di Savoia, il 18 gennaio, e si termina col generale di Corpo d’armata Andrea Versari, l’11 febbraio 1980. Tra questi due estremi, i nomi di uomini e donne: Girolamo Carlo Bonaparte, Clotilde di Savoia Bonaparte, Emanuele Filiberto di Savoia.La curiosa storia dei funerali militari