La letteratura del paranormale abbonda di esperienze ai confini della morte (NDE, Near Death Experience), da parte di persone che, a causa di gravi patologie oppure di traumi, si trovano a essere in fin di vita. Ma poi, per una varietà di ragioni, "tornano indietro" e raccontano ciò che hanno "sperimentato". Per chi ha convinzioni di tipo religioso oppure crede nella trascendenza dell'anima la NDE è una prova dell'esistenza della vita dopo la morte .
Questa tesi non convince i neuroscienziati , secondo i quali la cosiddetta NDE è una sorta di disorientamento che consegue a un evento grave.
Per esplorare quella sorta di "tempo sospeso" che precede la morte, un gruppo di studio dell' Imperial College , di Londra, ha effettuato un esperimento con un gruppo di 13 volontari. Essi hanno assunto una dose di dimetiltriptammina (DMT), un potente allucinogeno presente in molte piante e nel fluido cerebrospinale degli esseri umani, e hanno sperimentato ciò che si prova prima di morire.
Poi, al "ritorno", hanno raccontato qual è stata la loro esperienza : nell'ordine hanno dichiarato di aver provato un senso di pace, gioia e armonia, di aver avvertito i propri sensi con maggiore intensità, di aver perso il senso del tempo, di essersi sentiti separati dal proprio corpo, di aver visto una luce splendente. In minor percentuale c'è stato chi ha affermato di aver potuto pensare più rapidamente, di aver incontrato persone defunte o entità divine, di aver avuto l'impressione di poter comprendere tutto, di essere arrivato a un punto di non ritorno.
L'esperimento non è stato fine a se stesso: è parte di uno studio che mira a comprendere quali possano essere i possibili usi terapeutici degli allucinogeni nel trattamento delle malattie mentali e di disturbi quali depressione, ansia, ecc.
I ricercatori hanno messo a confronto ciò che hanno descritto i partecipanti al test con le testimonianze di persone che affermano di aver vissuto delle NDE, e hanno trovato numerose analogie . Le spiegano col fatto che il nostro organismo, quando sente prossima la morte, produce una maggiore quantità di DMT come protezione dallo shock, e ciò inneschi le allucinazioni .
Così concludono i ricercatori: «Una migliore comprensione sia della psicologia sia della neurobiologia della morte, per esempio utilizzando sostanze psichedeliche per modellarla, può avere implicazioni su come vediamo questo fenomeno inevitabile e universale, promuovendo potenzialmente una maggiore familiarità e una sana accettazione di esso». E poi terminano con una citazione di Stephen Batchelor, scrittore e insegnante buddista britannico: «Meditando sulla morte, paradossalmente diventiamo coscienti della vita. Di come sia straordinario essere qui. La consapevolezza della morte può svegliarci di soprassalto alla sensualità dell'esistenza».