Il fantasma abita nella stanza numero 56 della National Gallery di Londra . Ed è un fantasma che tutti possono vedere: è infatti dipinto nel Ritratto dei coniugi Arnolfini , una delle opere più note del pittore fiammingo Jan van Eyck .
La tesi è recentissima: "In quella scena è rappresentata l'apparizione di un fantasma", sostiene il medico francese Jean-Philippe Postel, nel saggio "Il mistero Arnolfini" pubblicato da Skira (128 pag., 16 euro).
Prima di entrare nel dettaglio, tuttavia, è necessario fornire qualche dettaglio a proposito dell'opera che Van Eyck dipinse nel 1434 e che, per la sua ricchezza simbolica, ha da secoli fama di essere un quadro misterioso e dai significati nascosti.
Il ritratto rappresenta il mercante di Lucca Giovanni Arnolfini con la sua prima moglie Costanza Trenta . Lui era un rappresentante di spicco nella comunità di commercianti e banchieri residenti a Bruges , nelle Fiandre : vi abitò dal 1420 al 1472.
L'opera è uno dei primi esempi di ritratto di persona vivente: la pittura sta infatti iniziando ad abbandonare i canoni consueti, soprattutto con soggetti di tipo religioso. Rappresenta una coppia in piedi, all'interno della propria camera da letto ricca di vari oggetti rappresentati con dovizia di particolari: marito e moglie si tengono per mano. Nello spazio tra loro, in secondo piano, c'è uno specchio convesso che rappresenta la coppia di spalle e, nel riquadro di una porta, altre due figure una delle quali potrebbe essere il pittore. Van Eyck, firmando l'opera, afferma d'essere stato di persona nella stanza degli Arnolfini: "Johannes de Eyck fuit hic 1434".
Ma nel 1434 Costanza Trenta era già morta da un anno, forse di parto. E un dettaglio del quadro lo fa presumere: sul lampadario, in alto dal lato della signora, una candela è consumata e spenta.
Jean-Philippe Postel ha però un'altra teoria , che poggia su ore e ore di osservazioni di fronte all'originale del dipinto. Nella scena l'uomo, quasi stesse pronunciando un giuramento , tiene con la sinistra la mano destra di lei. Ma lo specchio non registra nulla di tutto questo. Nel riflesso, nonostante quanto ci si aspetterebbe dalla precisione della pittura fiamminga, le mani sono sparite . Spiega Postel «Dove dovrebbe esserci la mano di lui c'è una macchia nera, densa, arrotondata, che taglia in due la figura del visitatore in rosso, nasconde in parte l'abito del personaggio in azzurro e sembra dare origine a un lungo tortiglione».
Che cos'è? Una soluzione arriva quasi per caso. Mentre sta indagando sul dipinto di Van Eyck, Postel acquista il libro Infernalia (1822), di Charles Nodier. Raccoglie una serie di aneddoti fantastici: uno di essi descrive la visita dell'anima di un marito che, dall'aldilà, compare alla moglie, chiedendole di far celebrare messe per la salvezza della sua anima. La obbliga a giurare e a dargli la mano: lei la ritira arsiccia e nera .
Leggende in cui le anime del purgatorio tornano per incontrare I vivi sono assai frequenti nella letteratura europea, già Medioevo. Secondo Postel, attraverso il misterioso fumo nero che si vede nello specchio, Van Eyck ha voluto rappresentare proprio l'apparizione di un'anima, di un fantasma: «Che io creda o meno negli spettri non ha importanza - conclude Postel - Lavorando come medico nei suburbi settentrionali di Parigi, ho capito che se volevo davvero essere di aiuto ai miei pazienti avrei dovuto entrare in empatia con la loro cultura. È la stessa cosa che ho fatto con il dipinto di Van Eyck. Ho solo cercato di capire in cosa credesse la gente all'inizio del XV secolo. E sì, credeva negli spettri, nel Purgatorio e nei suffragi. Penso che gli Arnolfini nascondano la rappresentazione di queste credenze».